Mangione ha raggiunto difatti una sicurezza tecnica che le permette di modulare in modo consapevole tutti i registri della sua ricerca pittorica, coniugando la leggerezza delle stesure liquide alla sostanza tattile di un colore stratificato e graffiato, combusto e corroso in un percorso di discesa metaforica nel profondo e nelle sue oscurità, sublimata poi dalla rinascita di una pittura che ritrova una luminosità quasi simbolica.
Mangione controlla dunque con calibrata sapienza le sue scansioni segniche e i suoi tagli gestuali, lascia filtrare gli scuri celati sotto le velature di bianco e fa ardere i suoi rossi che prendono corpo da un palpitante intreccio di sovrapposizioni dove i bruni preludono al diapason della fiamma che si accende nella materia cromatica concentrata sul supporto come un brano esistenziale strappato all’oblio e allo scorrere del tempo.