Niccolò Calvi di Bergolo nasce a Torino, vive e lavora al castello di Piovera (AL) dove arriva da Milano nel 1967. E’ l’inizio di una straordinaria vicenda, per dare una possibilità di convivenza alle grandi passioni della sua vita: natura, terra, agricoltura, Arte grafica e Scultura.

Egli pensa al Castello come contenitore di quanto la sua inesauribile creatività produce e le sue mani sono capaci di realizzare.

Migliaia di disegni, centinaia di strutture in carta e legno, decine di sculture in marmo, acciaio, ferro, il risultato di una incessante ricerca e lavoro: il suo patrimonio intellettuale che offre agli altri con la semplicità di un autentico artista.

L’arte è dare forma all’invisibile; la Geometria è intesa come il principio fondamentale della vita e dell’universo. Le forme essenziali quadrato cerchio triangolo sono le basi di partenza sulle quali lavora e sulle quali prendono forma infinite combinazioni complesse e dove ciò che è piccolo può dilatarsi a dimensione di struttura monumentale, di architettura funzionale, di totem, nella dimensione definitiva in rapporto a una funzione immaginabile.

Con l’omogeneità stilistica che lo contraddistingue Niccolò Calvi trasforma la sua pulsione creativa in immagine e oggetto, la cui inevitabile sensazione di precarietà aggiunge suggestione e tensione a forme decifrabili e indecifrabili.

Nel 1960 ha presentato “Strutture geometriche” abbinate a elementi di Lucio Fontana al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.

Nel 1997 ha realizzato una mega installazione in movimento in occasione del Salone Musicale al Lingotto di Torino.

Ha esposto in personali e collettive a Milano, Genova, Roma, Parigi, Sanremo, Asti, Alessandria, Acqui, Vigevano, Portovenere. E’ stato assistente del prof. Mario Antonio Arnaboldi come cultore della materia al Politecnico di Architettura a Milano.

Tiene laboratori di arte emozionale e organizza annualmente, da oltre 10 anni, la rassegna di scultura contemporanea “Fossili Moderni“ presso il castello di Piovera.

Salvare cose che non meritano di essere distrutte, perché’ ai miei occhi nella contorsione della forma, esse rappresentano la violenza, il dolore, lo sforzo, così simili ai misteriosi tracciati dell’animo umano.

Nella loro solitudine resistono al tempo. Oggetti nati per qualcosa, scartati e poi recuperati per una inspiegabile scelta, salvati da una fine, rottami inimitabili.

Sono oggetti rianimati, unici e irripetibili, che nella nuova forma raccontano in silenzio la loro ultima storia. Esistenze sublimate che nel loro legame, in rapporto con altre a formare una struttura, diventano espressioni artistiche, passando attraverso la porta della trasfigurazione

La Materializzazione di un’ opera è ilMiracolo materico della Natura il faticoso obbligato ineludibile percorso dello scultore dove approda la frenesia creativa nata sul foglio di carta: qui la geometria piana prende volume e dimensione fornendo materia all’azione del tagliare, piegare, flettere, attraversando la porta verso la materializzazione.

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